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Sfortuna
Per un marinaio la sfortuna è una cosa che si vede e si tocca. Sarà perchè quando stai in mezzo a tanta acqua ti accorgi che sei sorpendentemente in pericolo anche per cose che a terra sarebbero banali, il fatto è che l'idea di fortuna e sfortuna si fa molto, molto vicina. Se sali su una nave modernissima, con sistemi di controllo supersofisticati, non ti sorprendere se in centrale propulsione c'è un enorme cespo d'aglio, serve contro il malocchio.
La nostra crociera non fu troppo fortunata.
La sfortuna è cominciata prima della crociera, circa un mese prima. Il motore di Nave Vespucci è elettrico, perchè il progetto iniziale prevedeva che la Nave avesse sia il compito di nave scuola, sia quello di nave appoggio per sommergibili (non "sottomarini", quelli sono arrivati dopo). Il raffreddamento del motore avviene con tubi attraversati da acqua di mare, uno si ruppe e allagò il motore. L'acqua salata è molto corrosiva, per cui si temette che l'isolamento del motore fosse stato compromesso. Non si poteva rischiare di andare nel Mare del Nord con un motore poco affidabile, neanche in estate, e così la prevista crociera fino a Bergen (Norvegia) venne drasticamente ridimensionata a crociera nel Mediterraneo. E una.
Quando gli allievi salgono a bordo per la prima volta, il rito prevede che facciano un "giro di barra". Si tratta di salire fino alle barre di maestra e ridiscendere dall'altra parte. Naturalmente gli allievi hanno fatto già queste cose molte volte in Accedemia, sul brigantino interrato, ma il Vespucci è più alto e si muove. Quindi cominciamo in porto, dove è più facile, e... un allievo cade durante la discesa. Perde l'appoggio mentre passa per la coffa, rimbalza sulla grisella e si infila tra grisella e scialuppa di salvataggio (un metro circa di spazio), finendo in mare. Risultato: una gamba rotta e crociera saltata; e gli è andata pure bene! Mi dicono che da quando il Vespucci è Nave Scuola, questo sia stato il primo caso di un incidente del genere, non so se sia vero. Ad ogni modo, e due.
Poi il fatto del rientro in porto a Livorno dopo la parata navale, quando incocciamo sull'ancora del Doria e facciamo acqua; e tre.
Insomma, in pochi giorni una serie di guai (veri, non chiacchiere) tali per cui tutto il resto della navigazione venne condizionato dall'idea di non rischiare assolutamente niente. E, anche non rischiando niente, c'è stato poi l'episodio dell'"uomo a mare" (e quattro).
E un ultimo episodio, divertente ma anche quello rischioso. Un'esercitazione che si fa è quella di ArPorEx (ARmi POrtatili): a volte si tira con il MAB, filando a mare un bidone vuoto e usandolo come bersaglio (ma chi lo prende mai? salta sulle onde ed è un bersaglio assolutamente imprevedibile. In compenso uno prese la cima, ovviamente tagliandola, e perdemmo a mare bidone e bersaglio. Continuammo sparando sulle onde). Un'altra volta, invece, facemmo tiro a volo: fucile da caccia, lanciabersagli, tutti sul cassero e via. Si mette uno, PULL, spara, colpito. Un altro: PULL, spara, colpito. Io: PULL, sparo, mancato (e ti pareva). Uno dei medici: PULL, il bersaglio si sgancia male dal lanciabersagli e colpisce in fronte il medico che lo aveva chiamato. Niente di grave, solo un bernoccolo. Ad ogni modo, fine dell'esercitazione. E cinque.
Ci vuole fortuna, nella vita, e in mare ce ne vuole di più.
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